A Carlo Pozzi, nostro Amico e Maestro

Conobbi Carlo a Cividale nel 1987.

Io ero da pochi mesi un “gelatore”, così come lui definiva scherzosamente e ruvidamente i colleghi un meno attenti alla qualità.

Carlo era a Cividale del Friuli per un corso di formazione.

La mattina del primo giorno lo vedemmo arrivare con una monovolume da cui lo aiutammo a scaricare un attrezzo a noi sconosciuto. Era un mulino, suo inseparabile utensile quando andava per corsi in giro per l’Italia. E assieme al mulino c’era una bella bicicletta da corsa. Capimmo più avanti, dai suoi racconti, che il gelato e la bicicletta erano le più grandi passioni della sua vita.

Scaricate le attrezzature, entrò in aula un omone grande che parlava con voce squillante e un accento marcatamente lombardo, cercava di fare il duro, ma mi divenne subito simpatico: forse perché zoppicava per un problema all’anca esattamente come mio padre e forse perché oltre a dare i numeri e spiegare la teoria, dimostrava di avere un’anima.

Era schietto e comunicava con grande passione la sua idea di gelato artigianale che era quella della sua tradizione, ma legata anche a tecniche moderne e utilizzo di materie prime innovative.

Parlava di catena del freddo per i gelati alla frutta, diceva che bisognava andare al mercato a comprare la frutta fresca, quella matura e più buona, quella di stagione, e che con una formula facile di equilibrio e la preparazione di uno sciroppo di zuccheri dedicato, fare il vero sorbetto alla frutta diventava un gioco da ragazzi.

Poi, prima di iniziare a lavorare tirò su le maniche della camicia e si lavò a lungo le mani, i polsi e poi tutto il braccio con il sapone e con una spazzolina facendoci in diretta la nostra prima vera lezione di igiene e profilassi.

Questa dell’igiene divenne negli anni a venire una fissazione per Carlo, che ne fece una bandiera, una questione morale davvero imprescindibile per un gelatiere professionista.

Mi innamorai subito del personaggio: aveva una carica umana talmente forte e un modo così semplice di spiegare le cose che in poche ore e con pochi ma precisi concetti mi illuminò la mente e mi si aprì un mondo nuovo: decisi che da quel momento in poi la mia missione sarebbe stata quella di fare sempre meglio il mio lavoro, anche se sapevo che la strada era in salita e che il percorso era lungo e difficile.

Non finirò mai di ringraziarlo abbastanza perché è lui che mi ha fatto cambiare definitivamente la rotta e la vita professionale.

Carlo, il maestro Carlo Pozzi, aveva un impatto diverso per noi allievi rispetto a tutti i suoi colleghi.

Si capiva che aveva una solida formazione tecnica, frutto anche della collaborazione stretta con l’amico della vita Luca Caviezel,  ma era chiarissimo ai più che prima di tutto lui entrava con forza direttamente nella nostra coscienza.

Apriva le nostre povere menti, s’insinuava nei nostri confusi pensieri illuminando la nostra strada.

Lo faceva con i suoi modi semplici, ma risoluti facendoci capire che prima di tutto per diventare dei bravi “GELATIERI” e per fare un ottimo gelato era necessario praticare alcune buone  prassi:

– imparare la tecnica

– utilizzare solo materie prime di alta qualità

– avere una solida formazione igienico-sanitaria.

Non faceva sconti a nessuno, per lui non esistevano mediazioni, compromessi, vie di mezzo. Bisognava amarlo al 100% e non era una grossa fatica, anzi era un privilegio.

Se capiva che eri sincero, appassionato, concreto, onesto allora lui ti restiuiva tutta la stima che gli avevi dimostrato e diventava l’uomo più generoso del mondo.

Poi, negli anni a venire avemmo spesso modo di rivederci e io mi affezionai sempre di più a questo grande uomo che non finiva mai di continuare a spronarmi e darmi utili consigli. Lui mi fece un grande regalo: la sua amicizia. Un dono d’inestimabile valore perché oltre ai rapporti professionali c’era di più, io rivedevo in lui un padre, un maestro illuminato, un esempio di rettitudine e di coerenza morale. Attraverso la frequentazione e la schiettezza dei rapporti arrivai anche a scoprire quale era la sua vera passione della vita oltre il gelato, oltre la bicicletta:  lui amava profondamente la sua Loredana, la compagna della vita. Era sempre nei suoi discorsi e nei suoi pensieri. Per me un altro esempio importantissimo: avere pochi, ma solidi ideali e difenderli con forza per tutta la vita, senza esitazioni e cedimenti.

Questo è il messaggio ed il ricordo che mi resta di Carlo Pozzi, assieme al sorriso che mi regalava ad ogni incontro.

Giancarlo Timballo

 

 

Io il maestro Carlo  Pozzi ho avuto il piacere e la fortuna di conoscerlo in una fiera all’estero, tra gelatieri. Subito si presentò per quello che era: un uomo preciso, puntuale, schietto che esprimeva quello che aveva nel cuore a voce alta e chiara, senza fraintendimenti.

Sono rimasto colpito quando, parlando di gelato,  il suo sguardo si è illuminato e le “due chiacchiere ” sull’argomento mi hanno fatto comprendere quella volta, e rafforzato tutte le successive, la grande professionalità e conoscenza del mondo gelato artigianale e la grande capacità  di saper trasmettere le sue esperienze, spiegando anche le cose più complicate con leggerezza, praticità  e semplicità, alla portata  di tutti. Apparenti piccoli suggerimenti, che hanno cambiato e agevolato come me tanti altri colleghi.

Il suo rigore e la sua profonda umanità sono certamente un dono indelebile che questo grande uomo e indiscusso professionista ci ha lasciato.

Ti ricordiamo con profondo affetto Sergio e Alessandra Colalucci .

 

 

In più di un’occasione abbiamo avuto modo di conoscere da vicino

le sue qualità umane, le capacità, la  rettitudine e soprattutto la sua umiltà,

Peccato che non siamo stati capaci di esprimere a voce tutta la nostra

riconoscenza a Carlo, uomo semplice, ma onesto: virtù che oggi non

fanno più notizia e di cui non si parla più, purtroppo.

Carlo non ha mai odiato nessuno, non ha mai negato la mano a chi gliela

chiedeva, né un sorriso a chi lo salutava.

E’ con questa immagine che ci piace ricordarlo.

Maria e Alfio Tarateta

 

 

La notizia della morte di Carlo Pozzi, il nostro amatissimo Carlo Pozzi, mi ha lasciata senza fiato e con poche parole sulle labbra. Non è stata una morte repentina, improvvisa; il suo fisico di atleta lo ha sostenuto fino alla fine.
Per tutti noi la morte di Carlo è una perdita immensa. Ha saputo formare generazioni di giovani gelatieri e infondere loro la sua stessa passione per il lavoro artigiano e per la vita; con la sua esuberanza contagiava chi gli stava di fronte. Il suo rigore morale intimidiva chi gli stava di fronte ma con il suo sorriso sapeva infrangere le barriere e accogliere chiunque entrasse in contatto con lui. Ha insegnato nelle carceri in Italia e in Spagna, ha insegnato ai giovani di San Patrignano; ha insegnato a Cuba e in Portogallo, in Australia e in Asia: ovunque ci fosse bisogno e voglia di imparare uno dei mestieri più belli del mondo lui era disposto a dare, dare tutto ciò che nella sua intensa vita, nella ormai mitica gelateria Pozzi 1895 di porta Genova aveva imparato.
Io l’ho conosciuto tantissimi anni fa, quando ero una giovane giornalista alla ricerca di un suo perché. In Carlo ho trovato un amico che ha saputo e soprattutto voluto prendermi per mano e aiutarmi a entrare in quel microcosmo per me misterioso abitato da gente vestita di bianco che sapeva fare alchimie meravigliose con quattro ingredienti. Abbiamo condiviso la stessa passione, anche se eravamo su fronti diversi: lui con gli strumenti del gelatiere di grandissima classe e io con una penna e un block notes in mano e tanta voglia di imparare.
In tanti anni non ci siamo mai persi di vista e quando abbiamo deciso di fondare la Coppa del Mondo della Gelateria lui, dopo essersi accertato che fosse una cosa seria, ha aderito e partecipato con l’entusiasmo di un giovanotto, insieme con il suo inseparabile amico Luca Caviezel. Ad ogni nuova edizione ha messo in palio una Coppa che consegnava alla Nazione che si era distinta per l’ordine e la pulizia nel lavoro: ecco, credo che questo sia un aspetto emblematico del carattere di Carlo.
Diceva di sé di essere nato in una sorbettiera, con una punta di orgoglio e un sorrisetto compiaciuto; ma raccontava anche che per colpa di quella sorbettiera non aveva potuto coltivare l’altra sua immensa passione: la bicicletta. Ora, con il senno del poi non possiamo fare altro che ringraziare quella sorbettiera, che in qualche modo l’ha tenuto legato al mondo del gelato artigianale di tradizione italiana.
Carlo rimarrà per sempre nei nostri cuori e nelle nostre menti.

Luciana Polliotti

 

 

Vidi Carlo per la prima volta  nel 1995, se non sbaglio. Venne  nel mio laboratorio accompagnato da un Signore, il Conte Trombin, anche lui di Milano. Dopo essersi presentato (come se ce ne fosse bisogno! La sua fama lo precedeva), mi chiese di aiutarlo in un’iniziativa che aveva da poco iniziato: insegnare il mestiere di gelatiere nelle carceri a San Gimignano.

Accettai  volentieri di fargli da assistente, e a quel punto lui disse subito con la sua tipica schiettezza,  “Hey ragazzo , ma non ci sono sghei “ “Certo –risposi- mi sento troppo lusingato  di poterLe fare da Assistente” (cosa volete che mi importasse dei soldi quando avevo la possibilità di lavorare con il Maestro!?). “Bene, ma non usare solo BARATTOLI”, aggiunse.

In questo breve primo incontro, Carlo mostrò subito la sua personalità: un uomo dal grande animo e dalla grande generosità, che si offriva di aiutare i detenuti delle carceri insegnando loro un mestiere senza ricevere un centesimo. Con il tempo imparai quanto fosse schietto e onesto, adoravo quel suo dire le cose senza fronzoli e abbellimenti, senza tuttavia giudicare in nessun modo quel suo essere molto “pane al pane, vino al vino”, una qualità che in qualche modo manifestava anche nel suo modo di svolgere il mestiere di gelatiere. E fu proprio lui, con il suo “Non usare solo barattoli” a farmi capire quanto fosse nobile il mestiere del gelatiere se fatto con amore, passione, ma anche semplicità e ottime materie prime.

È in particolare non scorderò mai la sua allegria, la sua voglia di scherzare. È proprio con l’immagine in cui lui e l’amico di vita Luca (che io chiamavo RAGAZZI) mi chiedono di far finta di inciampare con un vassoio in mano per farsi una risata, che voglio ricordarlo.

Sergio Dondoli

 

All’inizio della mia carriera, sfogliando una rivista di settore, ho letto un articolo su Carlo Pozzi, già riconosciuto grande Maestro. A colpirmi è stata una sua fotografia a lavoro. Non lo conoscevo, ma conservo ancora quella pagina.

Ho avuto il piacere di conoscere Carlo in una trasmissione televisiva  a cui ho partecipato con il  Centro per la promozione e sviluppo del gelato artigianale. In quella occasione sono stato suo assistente per una dimostrazione sulla preparazione di una granita di caffè utilizzando ghiaccio e sale per abbattere la temperatura. Ricordo che era un uomo con un carisma enorme,  come nella foto.

In quella occasione mi ha raccontato di avere usato una macchina di cui andava fiero: il mulino. In una sua dimostrazione, quando ero già un gelatiere affermato, mi ha detto con tono burbero, ridendo:” ei romano, avanti vieni qua, dammi una mano che ancora di strada ne devi fare”.

L’ultima volta che ho incontrato Carlo è stato allo Sherbeth Festival a Cefalù. Ho avuto l’onore di partecipare ancora una volta a un simposio sul gelato con lui e il suo grande e inseparabile amico Luca Caviezel, un grande onore per me. Grande uomo, grande Maestro Gelatiere, il più grande degli ultimi pionieri del gelato artigianale.

Ciao Carlo,

Mauro Petrini